Bassano Wine Festival - Prima parte

Amici del Gulliver, il nuovo anno è iniziato da pochissimo ed ho in serbo per voi un bel resoconto della manifestazione tenuta alla Fiera di Bassano svoltasi durante il ponte dell’immacolata.

Prima di tutto; vorrei fare un ringraziamento speciale al mio amico Daniele ed alla sua Cantina Olivero che mi ha ospitato presso il suo stand durante tutta la giornata di Sabato (provate i suoi vini, sono fantastici) e nello stesso congratularmi con gli organizzatori del Bassano wine Festival nella figura di Caterina Scalco e Daniele Cavazzin per aver portato nella terra natia della Grappa molte aziende vinicole italiane che valeva la pena conoscere più da vicino.

Il vostro Gulliver, come sapete, è un habitué delle manifestazioni enologiche del Triveneto e per essere stata la prima edizione ribadisco i miei complimenti all’intera organizzazione sia per l’offerta enologica presente (con annesse degustazioni guidate organizzate dalla sezione FISAR locale) che per gli aspetti logistici ed infrastrutturali in sé; perché anche nelle ore di maggiore presenza si poteva circolare tranquillamente tra gli stand senza scontrarsi con gli altri avventori presenti alla manifestazione.

Dal mio punto di vista un elemento che valuto positivamente e che non sempre ho riscontrato in altri eventi di pari livello.

Lasciata la parte più istituzionale, finalmente è arrivato il momento di addentrarci nel vivo dell’evento.

Devo ammettere che ho avuto una certa difficoltà a selezionare le aziende da presentarvi perché il livello qualitativo era medio/alto ed ho dovuto scartarne alcune; ma son sicuro che in un modo o nell’altro le ritroveremo lungo il nostro cammino.

Fatta questa breve premessa, ora mettiamo sul “tavolo” le prime due aziende provenienti da due Regioni importanti per la nostra cultura enologica: l’Abruzzo ed il Friuli Venezia Giulia. La prima, della quale vi parlerò, prende il nome di Tenuta Pescarina è si trova a Spoltore nell’entroterra pescarese.

Questa Tenuta, rappresentata alla manifestazione dal Signor Francesco Cerulli Irelli è nata pochi anni fa (prima vendemmia 2013) per volontà della stessa famiglia di voler puntare sulla produzione di vini di qualità sfruttando i terreni già in loro possesso ma mai utilizzati per questo scopo.

Siamo in una classica situazione dov’è c’è la volontà, un buon progetto, ottimi terreni collinari ubicati tra il mare (in linea d’aria 6/7 km) e la montagna (30 Km dal Parco Nazionale della Majella), ma mancava l’occhio e la conoscenza di un esperto del settore.

  

Per questo, la famiglia Cerulli Irelli decise di presentare il suo progetto ai più importanti enologi italiani e quello che gli trasmise le sensazioni più positive fu Roberto Cipresso con quale iniziarono a collaborare.

“Da li” mi spiega il signor Francesco “Fù un crescendo, grazie anche al fatto che il Signor Cipresso ci mise a disposizione la sua cantina a Montalcino per vinificare le nostre uve ..... anche se, entro la fine dell’anno diventeremo autonomi anche sotto quest’aspetto perché stiamo terminando i lavori di costruzione della nostra cantina presso il convento di  Spoltore”

 

 

“I terreni” afferma il mio intervistato “Sono uno dei nostri punti di forza perché ubicati all’interno di un micro-clima particolare che evita la creazione di ristagni e muffe grazie al continuo arieggiamento dato dal contrasto tra mare e montagna"

"Se a questo dono di madre natura, aggiungiamo il fatto che abbiamo sia per il Pecorino che per il Montepulciano d’Abruzzo abbiamo abbassato la resa a 60/70 di quintali per ettaro accompagnando il tutto da una duplice sfoltitura verde ed una selezione dei grappoli sul tralcio; il risultato non può che essere improntato alla qualità”

Qualità che si sente e si annusa nel loro tre prodotti (Pecorino e due Montepulciani) ed in particolar modo mi ha colpito il loro Montepulciano (nome: Maniscalco) arrotondato e lavorato in barriques di rovere dove la vigoria e carica tannica del vitigno abruzzese è stata ben calmierata senza però perdere nulla a livello calorico.

 Scalda con morbidezza; la quale che viene un po’ a mancare nell’altro Montepulciano (nome:Torre) perché lavorato solo in acciaio.

Qui si sente per bene il “peso” di questo vitigno tannico, generoso e con un bel colore rosso rubino corposo.

 Nel mondo della degustazione professionale, si usa il concetto di “Tipico” per descrivere un vino che rappresenta a pieno il territorio dal quale proviene e devo dire che questi prodotti rientrano a pieno titolo in questa categoria. Con questi vini si beve un sorso d’Abruzzo.

 

Lasciata la terra degli Abruzzi, ci trasferiamo a Nord-Est per conoscere più da vicino un’altra realtà famigliare sita a Caneva nel pordenonese che prende il nome di Rive Col de Fer.

Quest’azienda, affiliata all’associazione dei Vignaioli indipendenti, era rappresentata a Bassano Wine Festival da Lino Cigana e dalla figlia Claudia: la quale, ancor prima di presentarmi i loro “figli” enologici ha voluto puntualizzare un fatto “Da noi tutte le operazioni vengono fatte rigorosamente a mano dalla potatura alla raccolta dei grappoli e pur non essendo certificati biologici noi non usiamo né diserbanti né pesticidi perché la qualità di un vino della partire da come tratti la vigna; inoltre i nostri vini non contengono tracce di latte o latticini quindi anche un vegano potrebbe assaggiarli…stessa storia per i solfiti, noi né usiamo”

Il voler mettere subito in chiaro questo concetto mi ha  piacevolmente colpito perché non tutti iniziano a presentare la propria azienda partendo dai metodi di lavorazione bensì dai prodotti; sicuramente un approccio interessante che denota la voglia da parte loro di collocare la terra al centro del progetto.

Terra e terreni che per Rive Col De Fer sono di carattere marnoso (15 ettari coltivati più altri 5 d’uliveto) ma soprattutto siti all’interno del solo comune di Caneva; questo costituisce sicuramente un vantaggio in fase di vendemmia.

I terreni marnosi hanno la caratteristica di rendere l’uva a bacca rossa adatta per la creazione di vini strutturati (segnalo il loro Merlot) mentre esaltano gli aspetti minerali ed aromatici delle uve a bacca bianca.

Aromaticità evidenziata per bene sia nell’Incrocio Manzoni dove le note floreali e fruttate sono piacevolmente intense e coinvolgenti che nel Verdiso.

Per chi no lo sapesse; il Verdiso è una chicca enologica nonché cugino alla lontana della Glera sul quale l’azienda ha voluto puntare perché come sottolinea la Signorina Claudia “Non solo è un pezzo della nostra terra che va preservata, ma ancor’oggi molti nostri clienti soprattutto d’estate ci chiedono un’alternativa alla Glera perché ormai anche dalle nostri parti questo vitigno spopola. Il Verdiso ci cascava a pennello”  

Oltre ai bianchi che si fanno piacevolmente valere sottolineo tra i diversi rossi della “casa” il Baku.

Si tratta di un blend a base Merlot con Cabernet Sauvignon e Refosco come vitigni di supporto.

 

Questo vino affronta un primo invecchiamento in Tonneau per circa sei mesi per poi effettuarne un secondo in acciaio per un altro paio di mesi.

Quello che colpisce oltre al nome (significa “stare assieme intorno al focolare”secondo un antica lingua indigena della zona) è la morbidezza al palato e questa nota di prugna matura che si fa sentire in maniera spiccata. Una bella creazione vignaiola!

A conclusione di questa breve intervista vorrei ricordare una seppur limitata produzione di passiti che prende il nome di RU’ N°3 (per chi conosce un po’ il mondo della pubblicità e dei brand avete già capito da dove proviene l’ispirazione!!!)

 

Bene amici la prima parte del nostro tour è finita ma presto arriverà la secondo con tre sorprese molto particolari della quale una non enologica….a presto dal vostro Gulliver.